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Quando gustiamo un piatto siamo abituati a parlare di dolce, amaro, acido e salato. A questi quattro gusti principali qualcuno collegherà anche il quinto gusto codificato: l’umami, che in lingua giapponese significa “delizioso, saporito”. È un gusto che abbiamo iniziato a riconoscere fin da bambini, grazie a specifici recettori e indica per la precisione il sapore di glutammato, che è particolarmente presente in cibi come la carne, il formaggio, la salsa di soia ed altri alimenti ricchi di proteine.
Ma il kokumi? Questo termine giapponese che contiene le iniziali di tre parole “consistente”, “spesso” e “robusto”, erroneamente viene comunicato come “sesto gusto”. Il kokumi non è un gusto, ma un incide sul sapore esaltando l’insieme (l’unicum) delle percezioni sensoriali; il suo responsabile è il ricettore del calcio.
Ma come faccio ad individuarlo? È l’insieme delle caratteristiche di pienezza, corpo, morbidezza, persistenza e capacità saziante di un piatto. Lo trovo ad esempio in una pasta e fagioli, caratterizzata da un “unicum” rotondo, avvolgente, complessivo, persistente e piacevole. Anche nella versione estiva del piatto!
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Paolo Merlin, Direttore della Fondazione Birra Moretti