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Amo il gusto della birra, la sua schiuma bianca, viva, la sua profondità ramata, il mondo che sorge all’improvviso attraverso le pareti brune e umide del vetro, la spuma negli angoli.
(Dylan Thomas)
Negli ultimi anni i consumi di birra sono aumentati, si parla, non a caso, di una “primavera della birra” che si è affermata anche a tavola. Sono ancora radicati, tuttavia, alcuni luoghi comuni e falsi miti da sfatare, frutto di una scarsa conoscenza del prodotto. Uno di questi riguarda la schiuma. Comunemente, si tende a credere che questa sottragga liquido al bicchiere, gonfi, appesantisca lo stomaco o addirittura ingrassi. In realtà ciò è dovuto al fatto che non la conosciamo o ne abbiamo una visione distorta e confusa.
La schiuma rappresenta l’aspetto visivo più caratteristico della birra e conferisce al prodotto un indiscusso appeal estetico, trasmettendogli carattere e un’idea di freschezza che ne invoglia il consumo.
La birra è l’unico prodotto in cui la schiuma è un elemento fondamentale e costitutivo della bevanda stessa e che svolge un ruolo funzionale.
COS’È LA SCHIUMA
La schiuma consiste in uno strato di piccole bollicine che sovrastano la birra: una sorta di “cappello” generato per effetto dell’agitazione della bevanda. Nella birra, infatti, è dissolta – in una condizione di equilibrio dettata dalla pressione e dalla temperatura – una certa quantità di anidride carbonica che si forma durante la fermentazione del mosto di malto. Quando si va a modificare questo equilibrio, con la spillatura o con la mescita dalla bottiglia nel bicchiere, l’anidride carbonica si libera e crea bollicine gassose che salgono verso l’alto, portando con sé le proteine del malto, gli aromi floreali del luppolo e quelli fruttati della fermentazione. Questa è la schiuma. Oltre che dalle resine del luppolo e dall’anidride carbonica, la schiuma è costituita essenzialmente dalle proteine del malto d’orzo (o di altro cereale). Queste ultime – presenti già nell’orzo da cui proviene il malto in una quantità pari all’incirca al 10% del peso totale – vengono conservate pressoché intatte durante l’intero processo produttivo e proprio per il loro carattere strutturante, conferiscono persistenza alla schiuma. Le resine del luppolo, invece, costituiscono il secondo importante componente “solido” della schiuma. Sono sostanze presenti nelle infiorescenze femminili della pianta, e sono responsabili della caratteristica amarezza delicata della birra. Per verificarne la presenza basta inumidire le labbra con la schiuma: se viene percepita una certa sensazione di amarezza, significa che sono presenti.
LA SCHIUMA FA BENE ALLA BIRRA
La schiuma fa bene alla birra perché la protegge dall’ossidazione. Il “cappello bianco” che si forma con una corretta spillatura costituisce una naturale barriera al contatto diretto con l’aria e quindi con l’ossigeno. Nel caso della birra, l’ossidazione va lentamente a penalizzarne le proprietà organolettiche, portando a una graduale perdita di gusto e aromi, oltre a cambiarne, nel giro di qualche ora, anche il colore. Il tempo di ossidazione dipende essenzialmente dalla tipologia di birra. In generale una schiuma adeguata contribuisce anche a mantenere maggiormente i profumi e le relative sfumature, equilibrando e rendendo più uniformi le sensazioni olfattive di chi beve. Inoltre, la creazione del cappello di schiuma permette di desaturare la birra dall’anidride carbonica in eccesso, riequilibrando il contenuto di gas all’interno del prodotto così come era stato concepito dal mastro birraio. In questo modo, la birra risulta più digeribile e non provoca eccessivo gonfiore allo stomaco.
OGNI BIRRA HA LA SUA SCHIUMA
Non tutte le birre presentano la medesima tipologia e lo stesso quantitativo di schiuma. Le birre di abbazia e trappiste, per esempio, così come tutte le birre rifermentate, con un’alta concentrazione di CO2, formano una schiuma persistente e spessa almeno un paio di centimetri. Le ale inglesi ne presentano invece una minima quantità, caratterizzata da un decadimento abbastanza rapido. Le stout irlandesi, al contrario, in virtù della tecnica di spillatura, formano un cappello di circa un centimetro e mezzo che ha una persistenza lunghissima, la più lunga del panorama birrario. Le lager tedesche, infine, se spillate con la loro tecnica di origine formano schiume alte, abbondanti e che si mantengono nel tempo .
UN INDICATORE IMPORTANTE
La schiuma, inoltre, è anche uno degli indicatori primari e più efficaci per capire se il prodotto che stiamo bevendo è frutto di un processo produttivo corretto. Non a caso, un tempo, tra i mastri birrai era famoso il detto: “Ciò che schiuma in fabbricazione non schiumerà nel bicchiere”. Le Good Manufacturing Practice (range di temperature adeguato, corretto tempo di stoccaggio, rottura dei chicchi, pulizia delle vasche, etc.) condizionano il prodotto birra e quindi anche la sua schiuma. Per questo, ogni fase della produzione (maltazione, maturazione, tostatura, macinatura, filtrazione e confezionamento) incide non solo la qualità della birra, ma anche della sua schiuma, componente fondamentale e non accessoria del prodotto.
LE CARATTERISTICHE DELLA SCHIUMA:
- La finezza è data dalla dimensione e dall’uniformità delle bollicine che la compongono
- L’ aderenza della schiuma alle pareti del bicchiere (che può essere inficiata se questo non risulta perfettamente pulito e sgrassato) si evidenzia attraverso i cerchi che vengono lasciati durante la degustazione sulla sua superficie interna. Più sono percepibili e maggiore è il grado di aderenza.
- Una schiuma è tanto più compatta quanto più forma un corpo uniforme che non si disgrega con le oscillazioni e non tende a uscire dal bicchiere. Questa caratteristica è determinata dalla quantità di luppolo e di proteine del malto presenti nella birra stessa: all’aumentare della quantità relativa di materie prime per unità di prodotto, aumenta la compattezza della schiuma.
- La cremosità, invece, rappresenta l’estremizzazione del concetto di finezza e compattezza, l’esempio più emblematico è la schiuma cremosa delle stout, la più persistente del panorama birrario.
- Infine, c’è la persistenza , ovvero il tempo di durata della schiuma nel bicchiere. Per una birra con la schiuma questo valore (misurabile con metodi scientifici) indica la capacità della stessa di restare compatta e apprezzabile per un tempo prolungato. Il più diffuso sistema di misurazione della persistenza è il Nibem – dal nome del suo inventore – che, attraverso un apposito sensore misura la stabilità della schiuma in minuti secondi, dando informazioni immediate e puntuali sulla schiuma.
SCHIUMA E DEGUSTAZIONE
Conservare la schiuma il più a lungo possibile nel bicchiere, così da godere delle sue proprietà ed evitare l’ossidazione è un fattore importante per gustare appieno il prodotto. Ed è più semplice di quanto si possa pensare: è sufficiente seguire alla lettera un’antica espressione: “alzare un po’ il gomito” : per far scivolare indietro la schiuma lasciando avanzare solo il liquido basta portare lentamente il gomito all’altezza della spalla e indietreggiare leggermente con il capo. In questo modo avremo la possibilità di degustare al meglio la nostra birra.